Con il microscopio a contrasto di fase sono davvero tanti i passi in avanti fatti in campo scientifico. A trarne beneficio sono stati soprattutto coloro che lavorano nel settore della biologia e della batteriologia. In questo articolo analizzeremo nei dettagli il funzionamento di questo apparecchio, nonché le sue caratteristiche tecniche e il suo costo.
Prima di procedere all’acquisto di un simile prodotto è importante scoprire in partenza tutto quello che c’è da sapere. E’ chiaro, comunque, sia per il suo sistema di funzionamento che per il prezzo e le sue proprietà che parliamo di strumenti usati da persone che con i microscopi ci lavorano. Tali strumenti, infatti, non sono adatti ai principianti, né naturalmente a chi di biologia ne sa ben poco. A scoraggiare i meno esperti è molto spesso proprio il prezzo: il costo di un buon microscopio a contrasto di fase si aggira intorno ai 2mila euro e può arrivare anche a superare i 5mila euro. Appartengono ad una fascia di prezzo più bassa gli apparecchi che hanno un prezzo inferiore ai 2mila euro.
Come funziona
Il microscopio a contrasto di fase, così come dice il nome stesso, funziona grazie alle differenze di contrasto tra il campione che si va ad esaminare e la superficie circostante. Con questo apparecchio si lavora, dunque, nel campo del visibile allo stesso modo di quando adoperiamo il microscopio a luce trasmessa.
Il microscopio a contrasto di fase funziona grazie ad un sistema interferenziale o detto anche “ad interferenza luminosa”: il campione non risulta solo leggermente visibile così come avviene con altri sistemi, ma si presenta ricco di dettagli e particolari. Ecco perché questo apparecchio ha avuto un largo riscontro in campo biologico e batteriologico.
Il campione risulta illuminato da una luce che è a sua volta suddivisa all’altezza del condensatore in due parti diverse e che presenta un differente angolo di incidenza. Ecco, allora, che proprio il mutamento di fase, legato al fascio di luce che attraversa il preparato, si va mescolare con la luce non rifratta ed andrà a rendere visibili componenti finora trasparenti. Magari per chi non “mastica” queste materie, può sembrare complesso tutto questo ragionamento. Proviamo, allora, a renderlo più semplice per chi magari è solo un appassionato di microscopi e intende saperne di più prima di catapultarsi in questo straordinario mondo.
Com’è fatto
Sono gli sfasamenti di luce a rendere un microscopio a contrasto di fase uno degli strumenti più straordinari nel campo delle ricerca e in ambito laboratoriale. Con questo apparecchio si possono osservare piccoli dettagli grazie a dei lievi cambiamenti nell’indice di rifrazione. Ciò che risulta, dunque, normalmente non visibile con altri sistemi di osservazione, qui diventa chiaro a tutti.
Quando si decide di usare nel modo migliore un microscopio a contrasto di fase è necessario che il condensatore di luce abbia una posizione ben definita.
Il microscopio a contrasto di fase è caratterizzato da un obiettivo e da una lamina di fase, collocata proprio alle sue spalle. Quest’ultima componente è costituita da un disco di vetro ottico su cui è posizionato a sua volta un canale anulare opaco alla radiazione luminosa. Presente anche un condensatore di luce con uno sbarramento sempre dalla forma anulare così come abbiamo visto per la lamina di fase.
Ma come bisogna fare per ottenere sempre risultati straordinari? Allora in primis va scelto l’obiettivo che ci servirà per ottenere l’ingrandimento che vogliamo e poi si prenderà un oculare, presente in dotazione, in modo da far sovrapporre in modo preciso i due anelli. Il sistema di contrasto di fase risulterà sempre efficace se ogni volta che cambiamo l’obiettivo andremo a ripetere quest’operazione. In caso contrario, infatti, ci ritroveremo con gli anelli di fase che non risultano sovrapposti come dovrebbero.
Nei microscopi a contrasto di fase la lunghezza d’onda va sfasata di mezzo ordine di grandezza se confrontata con la luce diffratta dal composto che stiamo osservando. Con questo sistema infatti si dà vita ad una connessione nelle aree a maggior indice di rifrazione che perdono così la loro consistenza trasparente. Tornando agli sfasamenti di luce, allora, ecco che saranno loro a far cambiare la luminosità dell’immagine nel momento in cui oltrepassano il campione. Tali fasci di luce riescono, infatti, a rendere visibile il preparato, normalmente trasparente. Il microscopio a contrasto di fase è presente nella maggior parte degli istituti e laboratori di ricerca; è uno degli strumenti più adoperati dai biologi di tutto il mondo.
Chi lo usa
I biologi lo sanno bene: le componenti cellulari, nella maggior parte dei casi, risultano trasparenti e dunque non visibili. Tale stato è sicuramente legato anche al fatto che ci sia un’elevata presenza d’acqua al loro interno. La situazione cambia quando alcuni fasci luminosi attraversano una componente cellulare in quanto tali mutamenti fanno sì che gli organelli cellulari non siano più trasparenti.
Stesso discorso quando si usa un microscopio a contrasto di fase: con questi apparecchi, infatti, l’utente riesce a determinare gli stessi cambiamenti. Con l’interferenza luminosa cambia la densità del campione e si hanno maggiori notizie sulla composizione delle cellule e dei tessuti che si stanno esaminando.
Il microscopio a contrasto di fase viene impiegato per le colture in vitro. Grazie a questo apparecchio non è necessario usare sostanze coloranti e fissativi che rischiano di alterare sul fronte strutturale il campione che si sta analizzando.
Tale microscopio è in grado allora di farci esaminare nel modo migliore l’organizzazione delle cellule. Questo sistema è fondamentale nel campo della ricerca sulle cellule viventi: queste ultime sono infatti incolori ed invisibili ad un tradizionale microscopio dove necessiterebbero di fissatori per essere esaminate. Per evitare mutamenti morfologici o anche la morte stessa delle cellule, sono stati fatti passi in avanti ed è stata adoperata la tecnica del contrasto di fase.
Come si forma l’immagine?
Grazie al fascio di luce che attraversa le componenti interne del campione e alla luce che proviene dal piano di superficie su cui tale preparato è stato appoggiato si riesce a vedere una diversa intensità della materia che stiamo esaminando.
L’immagine, dunque, si forma perché la luce che attraversa questo oggetto pacato è caratterizzata da due onde elettromagnetiche: una è detta onda incidente, l’altra onda diffratta. Queste due onde entrano in interferenza tra loro, dando vita ad un’immagine meno luminosa.
Scendiamo ancor più nei particolari: con il microscopio a contrasto di fase l’onda diffratta viene messa da parte e cambiata affinché possa propagarsi con mezza lunghezza d’onda rispetto a quella incidente. Succede poi che l’onda diffratta si interseca con l’onda incidente e che il campione trasparente viene reso visibile in ogni suo dettaglio come se davanti agli occhi ci fosse in realtà un materiale opaco.
A contrasto interferenziale
Funziona in modo analogo al microscopio a contrasto di fase. Stiamo parlando del microscopio a contrasto interferenziale: questo apparecchio serve ad esaminare campioni trasparenti che non risultano visibili in circostanze normali. Come funziona? Tale strumento riesce a combinare in maniera perfetta sia i sistemi di interferenza che quelli di polarizzazione. Le immagini, fornite dal microscopio a contrasto interferenziale, sono ricche di contrasti e hanno un effetto tridimensionale.
Il sistema adoperato per il funzionamento del microscopio a contrasto interferenziale è noto nell’ambiente scientifico con il nome di Dic, ossia Differential interference contrast.
Tra le tecnologie usate quando si adopera tale apparecchio c’è la Nomarski che prende nome da colui che ha inventato la configurazione ottica, oggi presente nella maggior parte dei microscopi moderni a contrasto interferenziale.